Thomas Müntzer fu un pastore protestante tedesco che
capeggiò la rivolta dei contadini in seguito alla Riforma protestante.
Nacque nel 1489 nel villaggio di Stolberg. Si laureò nel
1512 con il dottorato in filosofia e teologia, formazione che sicuramente
influenzò in modo netto la sua vita
Divenne prete nel 1513. Dirà in seguito di aver intrapreso
la vita ecclesiastica per poter essere più vicino ai problemi e alle esigenze
del popolo.
Nel gennaio 1519,
in Sassonia, conosce Lutero. Egli in realtà non fu mai
un luterano, ma accettò comunque l’incarico di confessore in un convento,
deciso a studiare e a riflettere sugli avvenimenti del periodo (Riforma, i
malumori dei contadini tedeschi che lamentavano un basso salario e un’ingente
pressione fiscale, ecc.). In funzione di ciò studiò attentamente anche le opere
ispiratrici della Riforma, dagli scritti di Sant’Agostino agli atti dei concili
di Costanza e di Basilea.
Maturò un millenarismo fermentato da impulsi di ribellione
sociale e l’adesione alle esigenze di una riforma religiosa non si appagava del
riformismo luterano. Questo gli causò non pochi problemi, e infatti, nel 1521,
il consiglio cittadino della città in cui egli esercitava lo sollevò
dall’incarico di pastore.
Arriva così in Boemia, dove pubblica il Manifesto di Praga, in cui critica fortemente teologi e preti:
questi ultimi erano accusati di avere una fede morta e una parola fredda. Müntzer
arriva a chiamarli persino “nemici della fede”.
In questo periodo si reca inoltre a Wittenberg, dove,
ovviando ad alcune riforme messe in pratica da Carlostadio, ristabilisce la
messa in latino, l’apparato liturgico e la comunione “in una sola specie”. Nel
1522, si lamenta del sodalizio fra Lutero e le autorità.
L’anno seguente, ad Allestedt, non le manda a dire, e,
abolita la messa in latino, inizia una campagna di predicazione molto esplicita
che lo porta a inimicarsi il signorotto locale e Lutero stesso, che lo
definisce il “Satana di Allestedt”. Fonda la “Lega degli eletti”, dove accoglie
i suoi fedelissimi.
Nel 1524, di fronte al duca Giovanni di Sassonia, pronuncia
la cosiddetta “Predica ai principi”, nella quale senza mezzi termini ribadisce
quanto affermato nel Manifesto di Praga. In questo discorso, egli si rivolge
alla Chiesa romana, definendola “un miserabile sacco di letame”.
Il duca, non particolarmente estasiato dalla predica, lo
censura e Müntzer, dopo un primo tentativo di rivolta (il Patto perpetuo di
Dio) che viene represso, si stabilisce a Norimberga. Qui risponde al soprannome
affibbiatogli da Lutero: Thomas annovera Martin fra i “corruttori” ed evidenzia
le differenze fra le loro teologie.
Nello stesso anno Müntzer fa scoppiare la vera e propria
rivolta contadina, volta, da un punto di vista religioso, a realizzare il Regno
di Dio già in questo mondo e, da un punto di vista politico, a risollevare le
sorti del ceto agricolo, sempre più in malora a causa di un basso salario e di
una notevole pressione fiscale. Müntzer era stato pastore in molte parrocchie
tedesche, e, dove più, dove meno, poteva contare su tantissimi sostenitori,
pronti a impugnare le armi pur di difendere le sue tesi.
Viene catturato, torturato e infine decapitato il 27 maggio
1525 nel corso dell’ultima battaglia. Prima dell’inevitabile condanna a morte,
i principi, perché non potesse costituire un modello di riferimento per nuove
rivolte, costruirono l’immagine di un Thomas Müntzer vile e rinnegatore della
sua fede. In realtà, Müntzer mantenne fede alla sua teologia, fino all’ultimo
e, seppure invitò i fedeli ad abbandonare le armi per evitare inutili
spargimenti di sangue, prima di morire disse: << tutte le cose
appartengono a tutti >>, in linea con la sua filosofia capitalistica.